Le Disobbedienti

Elisabetta Rasy, storica dell’arte e scrittrice di saggi, si è da sempre interessata alla questione femminista. Con il suo ultimo libro pubblicato, Le disobbedienti, offre al pubblico le storie di quattro grandi pittrici, appartenenti a periodi storici molto diversi tra loro.

Il primo capitolo, Coraggio, narra la storia di Artemisia Gentileschi, figlia di Orazio Gentileschi, anch’egli pittore. Entrambi si interessano al caravaggismo. Nata a Roma, Artemisia è passata alla storia non solo per la sua abilità nel dipingere, ma anche per le tematiche femministe. Tra i suoi soggetti preferiti, infatti, ci sono donne forti che hanno la loro rivalsa sugli uomini: Giuditta che taglia la testa ad Oloferne ne è un esempio eloquente. Ma a consegnarla agli annali è anche una brutta storia di stupro. Agostino Tassi, un collaboratore del padre, la possedette senza consenso e Artemisia lo portò in tribunale. Di quel processo è conservata la trascrizione, di cui la Rasy propone uno stralcio eloquente. Artemisia racconta la violenza subita, mentre il Tassi nega e afferma di non ricordare. Il processo si concluse con una condanna a qualche mese di carcere per il pittore, mentre la ragazza venne additata come una poco di buono.

Élisabeth Vigée Le Brun è la protagonista di Tenacia. Nella Parigi del Settecento, la giovane pittrice combatte per affermarsi, consapevole del suo talento, che dimostrò sin dalla più tenera età, fino ad essere ammessa all’Accademia Reale di pittura e scultura, nel 1783. Élisabeth era specializzata nei ritratti e il suo stile piacque molti alla regina Maria Antonietta, con la quale ebbe una buona amicizia. Come tutti i francesi a quel tempo, anche la pittrice venne colpita dagli eventi della Rivoluzione e, visti i suoi stretti contatti con la corte, ritenne opportuno fuggire e visitò le principali corti europee, sempre continuando a dipingere. In Italia intraprese il cosiddetto Grand Tour, che la portò tra le più belle città, da Torino a Napoli. Fece ritorno a Parigi nel 1805, dove aprì un salotto letterario. Morì il 30 marzo 1842, lasciando dietro di sé una lunga carriera di ritratti delle donne più in vista della corte francese. La Rasy trascrive alcuni pezzi delle sue Memorie, pubblicate nel 1835, che testimoniano non solo la vita della pittrice, ma anche gli eventi della Francia rivoluzionaria e napoleonica.

Il terzo capitolo, Irrequietezza, tratta di Berthe Morisot, pittrice francese del XIX secolo. Il suo interesse per l’arte si sviluppò sin da piccola, ma non riuscì a iscriversi all’Accademia in quanto al tempo era ancora inaccessibile alle donne. Studiò dunque con maestri privati, tra cui Joseph Guichard che era stato allievo di Ingres e poi seguace di Delacroix. Berthe però non si fece incatenare nei dogmi accademici e passò nell’atelier di Jean-Baptiste Camille Corot, iniziando così a dipingere en plen air. La sua vita però cambiò dopo l’incontro con Edùard Manet, il quale le fece ben undici ritratti. Nel 1874 sposò il fratello, Eugène Manet, e nello stesso anno espose con gli impressionisti nello studio del fotografo Nadar. Dedita ormai allo stile impressionista, i suoi soggetti preferiti sono le donne e i bambini, che ritrae in dipinti come La culla. Morì il 2 marzo 1895 a seguito di una improvvisa polmonite, la sua tomba si trova nel cimitero di Passy insieme alla famiglia Manet, ma sulla usa lapite c’è una sola scritta: «Berthe Morisot, vedova di Eugène Manet», senza alcun accenno alla sua passione e alla sua carriera, come se non fosse mai esistita.

Ribellione è il titolo scelto per parlare di Marie-Clémentine Valadon, anch’ella francese, nata nel 1865. La madre era una sarta al servizio di una famiglia nobile, ma per sopravvivere sin da bambina Marie si cimentò in tanti tipi di lavori, tra i quali cavallerizza circense. La sua bellezza portò diversi pittori a desiderare di ritrarla e questo le permise di conoscere Henri de Toulouse-Lautrec, che le diede il soprannome di Suzanne, con il quale è conosciuta anche oggi. La frequentazione con gli artisti indusse la giovane a disegnare e dipingere, fino ad essere ammessa alla Société Nationale des Beaux-Arts e ad esporre al Salon des Indépendants e al Salon d’Automne. Il suo stile pittorico si avvicina al primitivismo di Gauguin, ma anche ai fauves e ai cubisti, tra i suoi soggetti preferiti ci sono le nature morte e i nudi. La sua vita sentimentale fu travagliata, ebbe un figlio a soli 18 anni: Maurice Utrillo, pittore anche lui grazie agli insegnamenti della madre. Fu moglie di un agente di cambio per tredici anni, quando decise di lasciarlo per un pittore di 23 anni, con il quale passò il resto della sua vita. Morì il 7 aprile 1938.

Resistenza è il capitolo su Charlotte Salomon, nata a Berlino nel 1917 e morta nel campo di Auschwitz il 10 ottobre 1943. La sua vita non fu mai facile, la madre si tolse la vita quando lei era ancora bambina, così come fecero altre donne nella sua famiglia. Il padre era un chirurgo, costretto a smettere di operare a causa delle leggi razziali e la stessa Charlotte dovette rinunciare a frequentare l’Accademia di Belle Arti di Berlino. Nel tentativo di sfuggire ai nazisti, la ragazza si rifugiò dai nonni al sud della Francia nel 1936, a Villefranche-sur-Mer. Anche la nonna si tolse la vita, continuando la scia di dolore famigliare. Nel 1941 Charlotte e il nonno vengono portati nel campo di internamento di Gurs per un breve periodo, in quanto l’uomo era gravemente malato. Tornati a casa, Charlotte si dedicò completamente all’arte, producendo una serie di dipinti intitolata “Vita? o Teatro?“, composta dagli episodi più significativi della sua vita, per un totale di 769 dipinti, conservato al Museo storico Ebraico di Amsterdam. Nel 1943 sposa Alexander Nagler, ma entrambi presto vennero trovati dalle autorità e portati nel campo di concentramento di Auschwitz. Charlotte morì a solo 26 anni, incinta, lasciando al mondo la sua struggente opera artistica.

L’ultimo capitolo è Passione, in cui viene raccontata una delle più note pittrici del XX secolo, Frida Kahlo. Su di lei sono stati scritti diversi libri, girati film e documentari, che descrivono a tutto tondo la sua vita, la sua personalità e le sue opere. Nata in Messico nel 1907, Frida sin da giovane non sottostà ai canoni sociali e nelle foto di famiglia indossa abiti maschili. A 18 anni rimane duramente ferita in un incidente durante un viaggio in pullman, che le ruppe la colonna vertebrale in tre punti. La lunghissima convalescenza la costrinse a letto, indossando un busto, ma lei non si arrese e continuò a dipingere anche da sdraiata, arrivando persino a decorare i suoi busti. L’incidente le causò problemi per il resto della sua vita, primo fra tutti l’impossibilità di portare avanti la gravidanza. Frida ebbe una storia travagliata con il pittore Diego Rivera, con il quale si sposò ma ebbe frequenti litigi, soprattutto per via della sua infedeltà. I quadri di Frida si inscrivono nella corrente surrealista, ma sono molto personali e raccontano le sue gioie e i suoi dolori, con continui richiami simbolici. Andrè Breton rimase così colpito dai suoi lavori da invitarla a Parigi e organizzare una sua personale, nel 1939. Frida morì nel 1954, a causa di un’embolia polmonare, ma già dall’anno prima le era stata amputata una gamba costringendola a letto e indebolendo sempre più il suo fragile corpo. Il letto divenne un simbolo per lei, tanto che nella sua ultima esposizione, poco prima della sua morte, vi venne trasportata per un ultimo sguardo ai suoi lavori. Oggi la sua Casa Azul a Coyoacàn (Città del Messico) è sede del museo Frida Kahlo, dove sono conservate anche le sue ceneri.

Lo stile di scrittura di Elisabetta Rasy rende la lettura scorrevole e piacevole, si percepisce il grande lavoro di ricerche e studi che c’è dietro la stesura del libro. Punti di forza, infatti, sono i continui riferimenti a documenti d’epoca e ai dipinti. Purtroppo, nel libro non sono presenti illustrazioni e questo rende difficile seguire alcuni passaggi circa gli stili e i soggetti delle opere, costringendo il lettore ad interrompersi di frequente per cercare le immagini.

A mio parere, è un testo adatto a tutti, sia a chi non conosce le pittrici di cui si parla, sia a chi ne ha già un’idea e vuole approfondire in maniera non accademica le loro vite.

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