IL LINGUAGGIO POETICO DI BOTERO

Oggi parliamo di uno degli artisti più celebrati al mondo: Frenando Botero, l’artista e pittore colombiano che ha sorpreso tutti con le sue forme e il suo stile.

Nato da una famiglia colombiana, Botero ha sempre subito delle contingenze europee viaggiando fin da piccolo in Spagna, Francia e Italia. Ed è proprio grazie a questi viaggi che scopre in capolavori di Velazquez, Goya, Piero della Francesca, tutti gli artisti del Rinascimento fiorentino, fino ad arrivare alla grande e infinita ricchezza del Louvre, rimanendo stupito e ammaliato delle opere che si snodano nelle grandi sale del museo francese.

Botero è noto e conosciuto grazie alle figure che dipinge, personaggi sempre dilatati che danno vita a delle figure considerate universalmente grasse che sono il vero tratto distintivo dell’artista.

Ma com’è nata l’esigenza di creare queste forme?

Nel 1956, all’età di ventiquattro anni, Botero ebbe l’intuizione di dilatare un mandolino, creando il suo dipinto Natura morta con mandolino, in cui lo strumento risultava molto sproporzionato rispetto al normale grazie all’illusione della diminuzione del foro di risonanza. Dopo questa prima esperienza, in cui si parla di volumi, non figure, l’artista trova il suo stile, inizia a dilatare forme di oggetti, animali ed esseri umani dandogli quella connotazione allargata delle figure, diventando il suo marchio di fabbrica.

Natura morta con mandolino, 1956

Più volte lo stesso Botero spiega il significato che sta dietro a questa esigenza, in quanto per lui l’abbondanza è sinonimo di positività, energia, ricchezza e vita, tutti presupposti che hanno a che vedere con il concetto fondante dell’artista: la sensualità. Botero stesso non parla mai di “figure grasse”, ma prende in considerazione solo i volumi all’interno di un quadro, non si tratta di una scelta estetica, semplicemente vuole usare la trasformazione e la deformazione come strumento di sensualità nei suoi quadri. Il riferimento alla bellezza e all’abbondanza sono strettamente collegati al substrato culturale dell’America Latina, in cui le forme generose sono considerate simbolo di estrema virtù, diventando così il segno più immediato e riconoscibile dell’artista.

Le opere di Botero rivelano una sottile e dolce ironia, inducendo un sorriso e conquistando lo sguardo incuriosito di chi osserva l’opera. Ci sono dipinti che riproducono spaccati di vita quotidiana, in cui la realtà colombiana emerge con tutte le sue contraddizioni e in cui troviamo soggetti anonimi, scene di lavoro o scene domestiche descritte in maniera profonda con colori sempre molto accesi e la sovra descritta sproporzione delle forme. Tutti i dipinti sono creati in una situazione di mistero, poesia e al contempo bellezza e sensualità, in cui vengono accorpati più personaggi e più scene che potrebbero essere ognuna il soggetto di un’opera differente. In questi quadri si notano l’assenza totale o quasi delle ombreggiature e gli sguardi dei personaggi sempre persi nel vuoto, mai in direzione dell’osservatore.

“L’arte non deve mai guardare lo spettatore perché gli occhi hanno una tale forza che quando si osserva un quadro il cui soggetto ha lo sguardo fissi sullo spettatore, si notano soltanto gli occhi. Per vedere una persona – se si vuole vederla davvero – si devono chiudere gli occhi. Allora si vede una persona nel suo insieme, altrimenti il magnetismo degli occhi è totalizzante.”

F. Botero

Un altro grande ciclo di opere di Botero, molto famoso e internazionalmente conosciuto, sono le sue revisioni e riprese dei grandi capolavori dell’arte moderna. Possiamo dire che è un’arte che nasce dall’arte, in quanto riproduzioni nel suo stile, degli artisti che nei suoi viaggi ha visto e studiato. Rimanendo completamente fedele all’arte figurativa e alla composizione dell’opera originale, viene rivisitata la concezione dell’opera, descritta con gli occhi e con i volumi boteriani, avvicinando la cultura classica alla cultura contemporanea sudamericana.

Così vediamo la Gioconda di Leonardo, i Coniugi Pandolfini di Van Eyeck, I duchi di Urbino di Piero della Francesca con il linguaggio di Botero.

La realtà è arida, preferisco comunicare la pienezza”

F. Botero

Nel 2004, infine, inizia un altro ciclo di opere di estrema importanza, ispirate dall’orrore suscitato dalle notizie sul trattamento dei prigionieri nella prigione di Abu Ghraib in Iraq, in cui i corpi sono ammucchiati, legati, imbavagliati e seviziati. Se non fosse per il personale tratto distintivo, si faticherebbe a collocare queste opere nella produzione di Botero, caratterizzata solitamente da atmosfere mistiche, delicate, sensuali e malinconiche e non angosciose e violente.

Le sue opere potranno non essere serie, quasi infantili, ripetitive e noiose, ma pensate che in un mondo in cui siamo bombardati dovunque da canoni di bellezza stereotipati, le figure di Botero fanno discutere, diventando una lacerazione alla società dei costumi, proponendo un’ alternativa ai modelli odierni.

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